Upcycling

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Oggi vi posto un articolo molto interessante scritto da una cara amica.


 “La moda vive per esprimere, deliziare, riflettere, protestare, confortare, dispiacersi e condividere. La moda non soggioga, non denigra, non marginalizza né compromette. La moda celebra la vita” cita il Manifesto di Fashion Revolution, il più importante movimento di attivismo nella moda.
Amare la moda significa proprio questo: iniziare a porci domande, acquistare più consapevolmente e fare ai nostri capi la gentilezza di essere riamati all’infinito!
 
Ѐ fondamentale sottolineare come la tracciabilità della catena del valore sia diventata un requisito essenziale e urgente per tutta la società: questo significa che la trasparenza non deve rimanere “una moda nella moda”,  ma assurgere a stile di vita per tutta la collettività. Il singolo capo non va visto solo nella sua produzione, ma e soprattutto dopo, quando viene scelto e acquistato: è proprio lì che diventiamo tutti parte della supply chain, perle di un filo che ci lega indissolubilmente.  
Non esiste sostenibilità senza tracciabilità: mappare la supply chain è un obbligo morale per i brand che non si devono nascondere dietro una narrativa di difficoltà che sta di fatto rallentando questa necessità di conoscenza, privilegiando invece la segretezza e l’opacità dell’attuale industria della moda. Occorre ricordare l’interconnessione tra cura dell’ambiente e rispetto delle persone, dal momento che lo sviluppo sostenibile si occupa sì di ecologia, ma anche di equità sociale e crescita dolce. Di qui l’importanza di etichette parlanti che certificando tutti i passaggi della filiera produttiva raccontino la vera storia di un capo e di chi quel capo l’ha ideato e realizzato, dando al consumatore finale la possibilità di fare scelte consapevoli, affinchè ogni nostro acquisto non rimanga solo un mero atto economico, ma acquisisca forza morale e politica. La trasparenza è solo il primo ma imprescindibile passo verso un cambiamento sistemico per un fashion system più pulito, più sicuro e più equo.
 “La moda è il riflesso del mondo in cui viviamo” secondo Alexander McQueen: questo ci porta inesorabilmente a rispondere ai gravi quesiti morali ed etici che caratterizzano il nostro presente e che rischiano di compromettere il futuro.
Risulta fondamentale riformulare il concetto stesso di valore che noi consumatori attribuiamo ai nostri capi: punto di partenza di una rivoluzione di sistema verso paradigmi più rispettosi e sostenibili.
Le statistiche ci avvertono che ogni anno più del 75% dei 53 milioni di tonnellate di capi prodotti nel mondo viene buttato via. Gettiamo con più facilità e meno coscienziosità sia perché identifichiamo un capo solo attraverso il suo valore economico, sia soprattutto – data l’assenza di una necessità impellente legata all’atto stesso di acquistare – perché abbiamo perso la sana abitudine di amare i nostri compagni di viaggio, espressione della nostra personalità e unicità.
 
Dunque, invece di essere parte del problema, diventiamo parte della soluzione: come afferma Vivienne Westwood “compra meno, scegli bene e fallo durare”, contribuendo a trovare un’alternativa concreta, un equilibrio dato dalla creazione di nuove abitudini e dal recupero di alcune che fanno parte del nostro heritage.
 
Per quanto concerne il Made in Italy, che rappresenta uno dei paradigmi del lusso internazionale, l’idea del rispetto dell’ambiente è in buona parte già presente come valore di riferimento della produzione: la dimensione artigiana, l’attenzione alle materie prime di qualità, la sensibilità verso l’ambiente e i territori ne costituiscono, da sempre, la massa critica.
La moda è strettamente collegata alle sue pratiche artigianali e la geolocalizzazione dei materiali è intessuta nel loro destino. Ecco dunque che il territorio  assurge a bacino di risorse e competenze da cui tutto parte nel trasmettere il “saper fare” e le micro filiere di eccellenza sono la soluzione odierna più trasparente soprattutto nel tessile, per coniugare tradizione e innovazione.
Ѐ estremamente importante ricordare da dove veniamo e sapere dove stiamo andando, perché il nostro futuro dipende da questo!
 
Dall’analisi della situazione attuale traspare con sempre maggiore chiarezza che l’intero sistema moda necessita di un ripensamento radicale per adattarsi alle sfide di un futuro condiviso. Non esiste una soluzione univoca e semplice ai problemi complessi che il mondo del fashion e la sostenibilità presentano.
Certamente la profondità e l’ampiezza delle risposte legate alla ricerca, ai valori e alle esperienze ispireranno insieme azione e cambiamento, ma è dal nostro cuore, dalla nostra testa e, perché no, dal nostro armadio che inizia la vera rivoluzione. Fare acquisti più consapevoli è solo il punto di partenza verso paradigmi più valoriali ed etici, perché la moda non è solo vestiti: è una questione politica che riguarda tutti noi!
Nel suo libro “ I vestiti che ami vivono a lungo” Orsola de Castro scrive che “il capo di vestiario più sostenibile in assoluto è quello che possedete già”, invitandoci ad avere cura dei nostri compagni di viaggio, a fare loro la gentilezza di essere riamati perché ogni buco, ogni strappo, ogni sfilacciatura e ogni macchia parla di noi, illustra la nostra storia personale. Avere cura dei nostri vestiti significa ricucire il mondo dando valore alle persone… Ecco dunque che come per magia un pizzico di creatività, un buon uso del tempo e tanta pazienza sono in grado di ritrasformare un vecchio capo in uno completamente nuovo facendoci capire che la politica del riparare e del rindossare rappresenta un’alternativa concreta e valida all’omologazione a cui i brand ci hanno abituato.
Parlare fuori dal coro richiede sempre una buona dose di coraggio, ma forse è arrivato il momento di distinguerci, ricordandoci che “concerning all acts of initiative and creation, there’s one elementary truth. The moment one definitely commits oneself, all sorts of things start to help, things that would never otherwise have occurred and which nobody could have dreamed would come their way”. (W.H. Murray)

Roberta Redaelli                                                                                        @madeincomo

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